Documento comitato contra a su G8

MANIFESTO POLITICO DEL COMITATO CONTRO IL G8

 

La
Sardegna è una nazione priva di qualsiasi forma di reale sovranità
politica, economica e culturale e, ancora oggi, il popolo sardo subisce
gli effetti destabilizzanti della globalizzazione liberista, che si
manifestano sostanzialmente su tre livelli:

1. La
deculturazione attraverso la rimozione forzata de sa limba sarda e
dell’intero sistema di conoscenze, valori, comportamenti e tradizioni
dei sardi, assimilate e diffuse semmai solo sotto la forma del
folklore, ad uso e consumo del turista che, in continente e all’estero
è attirato dall’idea di un luogo esotico pubblicizzato e
commercializzato a puro scopo di lucro. I Sardi invece, soprattutto
quelli delle città "civilizzate", guardano con superiorità a ciò che
rimane della nostra identità, vista come residuo arcaico di cui
vergognarsi perché rozzo ed ignorante. Da sempre lo stato Italiano
cerca di fagocitare, omologandola alla cultura "nazionale", la nostra
coscienza culturale, fonte di ogni rivendicazione politica. Questo
processo ha un impatto ancora più devastante perché tende a svilire e
assoggettare a logiche di mercato l’intera identità del nostro popolo.

2.
La colonizzazione economica, inevitabilmente legata a quella culturale,
ha impedito ogni possibile sviluppo di una economia sarda autonoma per
assegnare al capitalismo italiano ed internazionale piena libertà di
manovra. La tradizionale economia, in Sardegna di tipo agro-pastorale,
è stata sostituita artificialmente con un’economia di sfruttamento che
colpisce le risorse territoriali come quelle umane. Negli anni settanta
le grandi industrie petrolchimiche sfruttavano i lavoratori sardi per
poi abbandonarli alla loro sorte di cassaintegrati con lo scopo
dichiarato di "occidentalizzare" una cultura però ancora viva ed
autonoma. I proventi della depredazione del nostro territorio vengono
indirizzati oltremare o nelle mani della classe compradora, in modo che
niente possa essere investito in uno sviluppo sostenibile e legato alle
esigenze reali del popolo sardo. Il risultato è un’economia non
autosufficiente perché non esiste un piano politico di sviluppo capace
di valorizzare le risorse reali che possediamo come la produzione
casearia, l’artigianato, le cooperative agricole e in generale di
valorizzare il comparto agro-alimentare. Il colonialismo ci continua ad
imporre modelli economici incapaci di rendere la nostra economia solida
e autonoma dalle scelte altrui. Si realizza così un rapporto di
dipendenza, tanto radicato da essere sentito da una parte del popolo
sardo come naturale ed inevitabile.

3. L’Occupazione
militare, sicuramente la più visibile fra gli agenti coloniali,
consiste nella presenza ossessiva e ramificata sul nostro territorio di
polizia e di basi militari italiane, americane, NATO e di contingenti
di altri stati militari come Israele, che si addestrano e collaudano
nuove tecniche di guerra, sperimentando nuove armi, in molti casi
mortali per le popolazioni locali. È il caso dell’arcipelago de La
Maddalena, concesso dal 1972 (senza neppure ratifica parlamentare!)
alla marina militare americana che vi ha instaurato una base per
sommergibili atomici. La Maddalena rappresenta simbolicamente lo stato
di cose con cui i sardi sono costretti a convivere perché è l’emblema
della sottrazione di spazi, risorse, territorio, economia e sovranità
di cui siamo vittime. Dopo cinquant’anni di lotte nel 2008 la marina
militare americana smobiliterà, ma già lo stato italiano (e la sua
appendice della regione Autonoma) hanno in programma una degna
alternativa: il G8 e tanto cemento di lusso che cola. Questa è anche la
storia del Poligono di Quirra, Capo Frasca e Teulada, dove l’Esercito
Italiano e internazionale si addestra con munizioni all’uranio
impoverito causando un tasso spropositato di nascite deformi nei
bambini e nel bestiame. L’occupazione militare, oltre ai danni alla
salute dovuti alle nuove armi, deturpa il paesaggio in maniera
irreversibile e chiude ogni possibilità di uno sviluppo sostenibile e
autonomo, come dimostra la storia dei pescatori di Teulada a cui viene
negato il diritto al lavoro.

È questa la terra che lo
stato italiano ha scelto come sede del G8 del 2009. Non è possibile
ignorare un simile contesto nella costruzione di una mobilitazione
internazionale. Per questo è importante ribadire a scanso di equivoci
che il vertice con cui i paesi più sfruttatori del mondo non si
svolgerà in Italia, bensì in Sardegna, che subirà così una ulteriore
umiliazione coloniale. È prevedibile che i movimenti che contesteranno
il G8 denunceranno a gran voce la globalizzazione e il suo portato di
sfruttamento e di ingiustizia sociale planetaria. Ne siamo convinti
anche noi, ma si tratta di parole che possono rimanere vuote se non gli
viene dato un volto, una forma e una realtà concrete. Rappresentanti di
Francia, Germania, USA, Canada, Giappone, Russia, Inghilterra verranno
ufficialmente a discutere di lotta alla povertà, all’AIDS e della
salvaguardia dell’ambiente. In realtà non si deciderà nulla, salvo la
ratifica di politiche di guerra e di oppressione stabilite altrove. Si
tratta di critiche note che noi appoggiamo pienamente, ma è un altro il
contributo specifico che ci interessa sviluppare. Molti di questi stati
reprimono con la violenza le lotte di liberazione nazionale all’interno
dei loro confini statali. Il Canada il Quebeq, gli Usa le lotte del
movimento di liberazione nero e delle nazioni indiane, l’Inghilterra il
movimento irlandese, scozzese e gallese, la Francia quello corso,
occitano, brettone e basco, l’Italia quello sardo. Vogliamo che le
mobilitazioni contro il G8 del 2009 assumano un significato aggiuntivo
rispetto alla semplice lotta contro le politiche neoliberiste della
globalizzazione. Il nostro è un appello a tutti i movimenti
internazionali anti imperialisti e anticapitalisti, a tutti i movimenti
che lottano in Europa e nel mondo per avere riconosciuto il diritto
all’autodeterminazione e alla sovranità politica, economica e
culturale. Per una serie di cause legate anche all’occupazione
italiana, i sardi sono uno di quei popoli che sono stati
particolarmente soggetti al fenomeno dell’emigrazione. Sono riusciti a
mantenere ben saldi i legami con la propria terra e a non perdere il
patrimonio culturale di cui erano portatori. A dimostrazione di questo
sta la nascita di centinaia di circoli sardi intutto il mondo,
dall’America all’Australia, e naturalmente in Italia. È questa Sardigna
sparsa, disterrada, di un milione e mezzo di persone che ci ha fatto
comprendere l’enorme potenzialità che i sardi emigrati possono avere
nella lotta di liberazione nazionale e sociale e pensiamo che questo G8
potrebbe funzionare da catalizzatore per tutti quei sardi emigrati che
volessero creare una rete ed opporsi a questa ennesima provocazione. Da
qui l’idea di far nascere in alcune città italiane, e in generale
ovunque l’emigrazione sarda sia presente, i circoli degli emigrati
sardi contro il G8.

Il
loro compito sarà duplice: da una parte quello di creare coscienza e
collaborazione nella mobilitazione contro il G8, dall’altra quello di
far conoscere le motivazioni della nostra lotta all’estero
trasformandolo in una cassa di risonanza internazionale della questione
sarda. Viviamo nella consapevolezza che in Sardegna il G8 ha luogo ogni
giorno e, il lavoro che ci proponiamo di svolgere non è la preparazione
di un grande evento mediatico, ma un tassello nella nostra lotta di
liberazione nazionale e, più in generale, nella lotta per
l’autodeterminazione di tutte le nazioni senza stato.

 

Il documento è tratto dal forum contraasug8

nog8

 

 
 

versione in Limba

MANIFESTU POLITICU DE SU COMITADU CONTRA A SU G8

Sa Sardigna est una nassione chena peruna froma de sovranidade
politica, economica, culturale. Ancora oe sa globalisatzione corfet su
populu sardu, mascamente in tres bessos:

1. Sa deculturatzione, cun s’allontanamentu de sa limba sarda e de su
connotu, oramai reduidos a fromas de folklore pro ispassiare e
intrattennere sos turistas. A issos los cumbinchent a bennere a bidere
custa zente istrana, chi faeddat una limba (o faeddu, comente la giamant
issos) antiga, a mandigare polcrabu e a si ch’imbolare a modde in su
mare nostru, fatende balanzare unu muntone’e inari a sos meres. Sos
sardos, imbezes, mascamente cussos de sas “zitades tzivilizadas” si nde
faghent sa birgonza de su chi abarrat de s’identitade nostra, trattada
che alga’e muntonalzu.  

2. Sa colonizatzione economica, ligada a sa culturale, at tancadu sa
janna a donzi possibile isvilupu de un’economia sarda “de manu nostra” e
at dadu a su capitalismu italiarzu e internatzionale piena libertade de
si moere comente lis paret e lis piaghet. Nos ant abatidu s’economia
traditzionale de tipu agro-pastorale pro no’che zaccare una de
isfrutamentu chi corfet su logu e sas pessonas. In sos annos ’70 sas
industrias petrolchimicas isfrutaiant sos tribagliadores sardos e los
lassaiant a su destinu issoro de casciaintegratos, cun sa prezisa
voluntade de ocidentalisare e bochire una cultura gara bia. Sos balanzos
de sas furas in su logu sunt gitos a continente o in sas manos de sa
classe compradora, gasi chi nudda potat essere imbestidu in dunu
isvilupu sostenibile e ligadu a sas esizentzias de su populu sardu. Su
chi nd’essit est un’economia theracca de s’italiana, chi est fatende a
bisera totus sas siendas economicas nostras, comente sa produssione de
sas caciaras, s’artejanadu, sas cooperativas agricolas e a bi la sighire.
Custa situatzione est gasi irraighinada chi, parte de sos sardos l’intendent
comente naturale e chi no si potet vittire.

3. S’ocupatzione militare, su pius giaru de sos medios impreados,
ponet in su logu unu muntone’e carabineris, bases militares italianas,
americanas, NATO e partiduras de esercitos de ateros istatos comente
Israele, chi s’adrestant a sa gherra e isperimentant armas noas chi,
tantas boltas, bochint pessonas etotu. Est s’assembru de s’arcipelagu de
La Maddalena, cuntzedidu in su 1972 (chena peruna ratifica de parlamentu)
a sa marina militare americana chi b’at postu una base de sutamarinos
nucleares. La Maddalena representat bene s’istatu de sas cosas chi sos
sardos devent supportare, ca est s’emblema de sa fura’e ispatzios,
resurtzas, inare, chi nos corfet.
Pustis de 50 annos de lota, in su 2008 sa marina militare americana si
nd’at a andare ma, a s’iscutta, s’istatu italianu (e sa theracca sua, sa
regione autonoma) at aprontadu su seberu: su g8 e unu muntone’e zimentu
de lussu chi colat. Sa matessi istoria a Quirra, Teulada e Capo Frasca,
ue s’esercitu italianu e internatzionale s’adrestat cun munissiones a s’uraniu
impoberidu cajonende unu numeru disbarattadu de criaduras e bestiamene
chi naschent isformados. Custu sempre chena irmentigare sos dannos a sa
terra e s’impossibilidade de isvilupare calincuna economia, comente nos
demonstrat s’istoria de sos piscadores de Teulada, chi lis ant cazadu su
diritu a su tribagliu..

Custa est sa terra chi s’istatu italianu at seberadu che domo de su
g8 in su 2009. Bisonzat de connoschere custa situatzione, fraighende una
mobilitatzione internatzionale; est importante de torrare a nos
ammentare chi su g8 no lu sunt fatende in Italia, lo sunt fatende in
Sadigna, e nos cherent dare un atera iscutulada a bucca; no potimus
abarrare mudos ancora. Zertu, sos moimentos ant a cuntestare su g8 e su
cuntennidu de globalisatzione e imperialismu chi gighet, ma, semus
cumbintos chi, custas, potant abarrare paraulas boidas si no lis damus
una cara e una realidade concreta.
Representantes Franzesos, Ghermanos, Americanos, Canadesos, Giaponesos,
Russos, Inglesos ant a bennere ufficialmente a arrejonare de gherra
contra a sa pobertade, a s’AIDS e a sa protetzione de s’ambiente.
Imbezes no si dezidit nudda, petzi si cunfrimmant puliticas de gherras
fatas aterue.
Semus d’acordu cun custas criticas, ma est un ateru su contributu
specificu chi cherimus batire. Medas de custos istatos repriment cun
violentzia sas lotas de liberatzione natzionale chi s’isvilupant in su
logu issoro: Su Canada cun su Quebec, Sos americanos cun sos nieddos e
sos indianos, s’Inghilterra cun sos Irlandesos, Scotzesos e Gallesos, sa
Franza cun sos Corsicanos, Occitanos, Bretones e Bascos, sa Russia cun
sos Cecenos, s’Italia cun sos Sardos. Cherimus chi sas mobilitatziones
contra a su g8 de su 2009 appant unu significu in pius de sas semplitzes
lotas contra a sas politicas neoliberistas de sa globalisassione. Sa
nostra est un’appellascione a totus sos moimentos internassionales
antimperialistas e anticapitalistas, e a totus sos moimentos chi
gherrant in Europa e in su mundu pro li reconnoschere su diritu a s’autodizisione
e sa sovranidade politica, economica, culturale.
Pro una fila’e rejones ligadas a s’occupadura italiana puru, sos sardos
sunt unu de cussos populos corfidos dae su fenomenu de su disterru. Sunt
resessidos a mantennere sas ligaduras cun sa terra issoro e no ant
perdidu sas siendas culturales chi battiant. Lu proat sa naschida, in
totu su mundu, de chentinaja di sotzius sardos, dae s’America a
s’Australia a s’Italia. Est custa Sadigna disterrada, de unu milione e
mesu de pessonas chi nos at fatu cumprendere sas potentzialidades mannas
chi sos sardos disterrados potent aere in sa lota de liberatzione
natzionale e sotziale e pessamus chi custu g8 potat resessire che
chentru de agregassione pro totus cussos sardos chi cherent parare custa
atziada.
Gasi s’idea de faghere naschere in calincuna zitade italiana e perue sos
disterrados sardos sient sos “sotzius de sos disterrados sardos contra a
su g8”. Cussos ant su compitu de battire cuscientzia e collaboratzione
in sa mobilitatzione contra a su g8 e de faghere connoschere sas rejones
de sas lotas nostras a s’estèriu, gasi chi s’intumbu de sa chistione
sarda potat bessire a campu .

Ischimus bene chi, in Sardigna, su g8 s’isvoligat donzi die e su
tribagliu chi cherimus faghere no est s’approntadura de un’eventu
mediaticu mannu ma unu biculu in sa lota nostra de liberatzione
natzionale e, pius in generale, in sa lota pro s’autodizisione de totas
sas natziones chena istatu.

 

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